Il Nirvana è un termine sanscrito che letteralmente significa “essere soffiato via, spento o pacato, e designa la liberazione dal ciclo delle rinascite presso diversi sistemi di pensiero indiani e segnatamente presso il buddismo. Tra le definizioni che i buddisti forniscono del nirvana, un primo fascio è in termini operativi: così Nirvana diventa distruzione o annientamento della triade attaccamento – avversione – obnubilamento e della sete o brama che come fuoco insaziabile arde i sensi e la mente nei loro rapporti col mondo degli oggetti, causa prima della sofferenza che si perpetua attraverso il ciclo delle continue rinascite. Esso è altresì un blocco della sete o un fuggire via da essa. Altre definizioni più “zen” e forse quelle più conosciute dalla cultura occidentale sfruttano categorie metafisiche, tanto in termini positivi, dove il nirvana è definito “purezza”, quanto in termini negativi, dove esso è detto incomposto, permanente o fisso e esente da sofferenza, in opposizione a tutte le altre realtà, privo del dispiegarsi del mondo. Quindi come reale ultimo stadio dell’esistenza. Un ultimo gradino.
Nella terminologia positiva si sente spesso l’esigenza di distinguer il nirvana dal puro nulla. Quella negativa, più rigorosa, esclude il nirvana dalla sfera dell’esperienza empirica. Esso è visibile solo agli iniziati come il Buddha. Dal punto di vista della teoria della conoscenza, ciò ne fa un caso unico, dal momento che tutto il resto degli insegnamenti buddisti si basa sull’esperienza empirica e sull’inferenza della realtà a partire da essa. Ai fini della comprensione del Nirvana occorre dire che il suo concetto viene molto volgarizzato in Occidente, dove viene spesso rappresentato come uno stato di perfezione assoluta nel quale l’ascesi è realizzata come giustapposizione rispetto alla realtà, in uno stato di sospensione che esalta l’individuo nella sua capacità di elevarsi al di sopra delle sofferenze, nella cessazione di esse. È questo il significato più profondo che ha il nirvana nell’induismo, mentre nel buddismo rimane centrale il ruolo interno alla reincarnazione, attraverso il meccanismo del karma, che può essere negativo o positivo. Oggi colloquialmente si usa la frase “raggiunge il Nirvana” per identificare uno stato di isolamento mentale da ogni genere di condizionamento esterno, con la fine delle sofferenze e della congiunzione con le preoccupazioni quotidiane.
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